Pubblicato il 15 Ottobre 2021.
a cura di Ludovico Cantisani
Bonifacio Angius (Sassari, 1982) è un regista e sceneggiatore sardo, tra i principali protagonisti del cinema indipendente italiano. Fondatore della società di produzione Il Monello Film, ha diretto i lungometraggi Perfidia, presentato al Locarno Film Festival nel 2014, Ovunque proteggimi, presentato al Torino Film Festival nel 2018 e candidato al Nastro d’Argento per il miglior soggetto, e I Giganti. Quest’ultimo, girato in Sardegna poco dopo il termine del primo lockdown e presentato come unico film italiano all’edizione 2021 del Locarno Film Festival , uscirà in sale selezionate su tutto il territorio nazionale il 21 ottobre.
Come è nata l’idea de I Giganti, e quanto il Coronavirus ha influenzato il processo creativo?
I Giganti è un film come un altro, il fattore lockdown è stato contingente. Certo la realtà ti influenza sempre, per cui noi de Il Monello abbiamo dovuto interrompere un progetto più grande per difficoltà dell’impianto produttivo che il virus aveva reso ancora più difficile da realizzare. Dal canto mio tenevo “nel cassetto” da un paio d’anni questo soggetto e io e i miei collaboratori abbiamo pensato: “cosa vogliamo fare? vogliamo morire adesso, che sia di Covid o di paura del Covid, o vogliamo continuare a fare il nostro lavoro?”.
Come si è svolto quindi il processo di scrittura da quel momento in poi?
Io e il mio storico collaboratore Stefano Deffenu, anche attore del film e regista a sua volta che da poco ha presentato il suo documentario Ananda al Karlovy Vary International Film Festival, abbiamo rimesso mano al soggetto con grande entusiasmo. Abbiamo pensato che dovevamo fare come facevano nel dopoguerra i nostri colleghi del Neorealismo: non darci mai per vinti, non pensare che siccome c’è stata una catastrofe dobbiamo per forza fermarci. Abbiamo rimaneggiato e trasformato in sceneggiatura I Giganti, e ci siamo subito messi all’opera per girare il film.
Come è stato possibile mettere in piedi I Giganti in tempi produttivi così rapidi, nonostante la pandemia?
Fortunatamente, avevamo imbastito già da prima del lockdown una scuola di cinema, per cui potevamo fare affidamento su delle maestranze in via di formazione che erano pronte ad aderire al progetto in maniera più che entusiastica. Abbiamo scritto la sceneggiatura in tre settimane e mezzo, ci siamo messi a preparare il film e dopo un mese stavamo già girando. In Italia solitamente i film hanno un tempo di gestazione lunghissimo: è una cosa che ho vissuto anch’io per i miei primi lavori, non voglio ora stare qui a fare il “figo” perché sarei l’unico a non essere passato per questa trafila. Nel caso de I Giganti non è successo: abbiamo organizzato tutto in fretta, nonostante i problemi di casting che ci sono stati.
Come hai scelto gli attori de I Giganti, e perché ci hai recitato anche tu in prima persona?
Io inizialmente pensavo come protagonisti ai tre vecchi attori di Perfidia, il mio primo film. Uno però aveva avuto delle sfortune personali, e non è potuto entrare nel progetto; il secondo era Stefano, che appunto è entrato nel progetto su più livelli; il terzo alla fine non ha partecipato, anche per ragioni legate al Covid.
Come avete fronteggiato il Covid girando I Giganti?
Per facilitare le riprese abbiamo fatto la cosiddetta “bolla”, ovvero isolarci completamente per tutta la durata delle riprese da ogni contatto esterno al set. Il terzo attore non voleva farlo, ma per me era una condizione essenziale, perché io non avevo i tempi tecnici per aspettarlo rischiando anche che si contagiasse. Credevo e credo tuttora che la bolla abbia giovato al film, a creare tra il cast e la troupe un senso di famiglia, come se fossimo andati in campeggio tutti insieme. Anche per questo ho finito per interpretare io stesso uno dei tre protagonisti.
De I Giganti tu sei soggettista, co-sceneggiatore, regista, co-protagonista, direttore della fotografia, produttore e montatore, e sei accreditato anche fra i compositori delle musiche. A cosa si deve questa scelta di “autarchia” creativa, e come hai lavorato sul versante musica?
Mi sembrava semplicemente la scelta giusta, una scelta di cui il film avrebbe giovato. Nessuna scelta è stata dettata da considerazioni narcisistiche o dal “vedete quanto sono bravo a ricoprire tutti i ruoli”. Sulla musica, grazie al giradischi abbiamo ricostruito per il film tutto un mondo legato al bolero, al cha-cha-cha, alla salsa latino-americana, più malinconica, ma anche al pop inglese degli anni sessanta, o alla scuola genovese.
Diversi passaggi de I Giganti hanno ricordato alla critica certi stilemi del cinema di Marco Ferreri: quanto è presente questo regista nella tua memoria di spettatore?
Marco Ferreri è un regista molto presente nella mia memoria da spettatore. Girando I Giganti non ho mai voluto rievocare apposta La grande abbuffata, ma niente nasce per niente, e quel film per me è un grande punto di riferimento, in generale. Il casale de I Giganti è però completamente diverso dalla villa de La Grande Abbuffata, ci sono differenze culturali, d’ambientazione, di motivazioni: in realtà nessuno dei protagonisti del mio film, tranne il mio personaggio e forse quello di Stefano ma non so con quanta consapevolezza, va lì apposta per morire. L’obiettivo e il senso de La grande abbuffata erano molto legati al clima culturale degli anni sessanta-settanta: con tutto l’amore che io posso avere per Marco Ferreri, riproporre fedelmente la stessa situazione sarebbe anacronistico e forse anche stupido.
I Giganti uscirà in sala il 21 ottobre, ma già adesso ci sono state tante anteprime in giro per l’Italia, spesso in tua presenza: come continuerai a seguire il film?
Noi già adesso siamo riusciti a portare il film in tante città, e continueremo a farlo, in accordo a un modello distributivo perfetto per un film indipendente come il nostro I Giganti. Questo tipo di film però hanno bisogno del passaparola. Quello che mi è piaciuto molto constatare, sia a Locarno che al Festival del Cinema Italiano di Annecy che anche nelle proiezioni test prima e dopo i festival, è che I Giganti è piaciuto molto ai giovani: e questo mi ha scaldato il cuore.