Pubblicato il 11 Novembre 2021.
Pubblichiamo un estratto del libro di Diego Cassani e Fabrizia Centola ‘Inquadratura, scena, sequenza’ edito da Dino Audino Editore che ringraziamo.
Un uomo, costretto su una sedia a rotelle dopo un grave incidente, è immobile davanti a una finestra e guarda ciò che accade nelle finestre della casa di fronte. Sono piccole porzioni di realtà incorniciate e a loro volta contenute in una più grande cornice, la finestra da cui l’uomo guarda. Stiamo raccontando La finestra sul cortile (1954) di Alfred Hitchcock, un film di cui tanto si è parlato e si continua a parlare perché – al di là della trama, indubbiamente intrigante, al di là degli interpreti, una meravigliosa Grace Kelly e un affascinante James Stewart – è un film che rappresenta il cinema stesso: abbiamo l’immobilità dell’uomo, lo spettatore, abbiamo (in controcampo) ciò che vede, e abbiamo una trama costruita attraverso un lavoro di esplorazione e di messa in successione di indizi e di reazioni. A questo occorre aggiungere un altro elemento, l’utilizzo del mezzo, una macchina fotografica munita di teleobiettivo, che a sua volta inquadra, suddivide la realtà in frammenti e varia la distanza relativa tra osservatore e oggetto osservato
(Fig. 1). {☞ La finestra sul cortile, scheda film}
Il nostro uomo immobile, la sua finestra e la sua macchina fotografica stanno creando il cinema. La realtà viene inquadrata, contenuta dentro una cornice, dalle dimensioni costanti, mentre ciò che scorre al suo interno è suscettibile di variazioni: è illuminato, è in penombra, è visibile, si avvicina o si allontana, appare, scompare (1), transita da uno spazio all’altro, come quando, sempre nel film, una donna si muove nell’appartamento e passa progressivamente da una finestra all’altra. Lo sguardo dell’uomo, come quello di ogni spettatore, si muove a seconda degli impulsi, indaga ciò che appare davanti ai suoi occhi, viene attirato dai movimenti, dai rumori, dalle voci e dalle luci, dalle ombre, dalle composizioni cromatiche e dai cambiamenti.
Nella vita reale la nostra esperienza si sviluppa nella continuità del nostro esistere e ciò che accade attorno a noi si sviluppa nella sua interezza: il nostro occhio esplora e seleziona, ci muoviamo nello spazio e ci avviciniamo per vedere meglio, volgiamo lo sguardo e così facendo creiamo un’articolazione di senso. Nel film, al contrario, il percorso di visione è predeterminato, è un altro occhio a fare il lavoro per noi, a stabilire le successioni di immagini per raccontarci una storia. Quella che scorre davanti ai nostri occhi è un’esperienza progettata, uguale per tutti, che si rinnova sempre identica: a distanza di anni Grace Kelly continuerà a sfogliare una rivista di moda vestita di nero e tulle bianco, la narrazione si svilupperà come sempre ma, contemporaneamente, nella ripetizione, potremo dire che il tempo si è fermato. È un’esperienza che supera il tempo, rinnovando il patto tra un autore e uno spettatore, qui e ora.
Qualcuno ha scelto per noi, questo è certo: ha deciso cosa dobbiamo guardare e per quanto tempo, ha stabilito quando, come e cosa farci vedere, a quale distanza, da che punto di vista. Inquadrare non vuol dire solo riprodurre ciò che si trova davanti alla macchina da presa: significa selezionare, rendere evidenti gli elementi che danno significato, ma anche saperli omettere; vuol dire creare un percorso di senso per lo spettatore, sguardi di volta in volta diversi per creare un’architettura di immagini in successione che racconti una storia, che esprima e dia corpo a un pensiero.
Per questo, il primo passo per parlare di montaggio cinematografico è parlare dell’immagine e dell’inquadratura: perché è proprio davanti all’inquadratura che lo sguardo dello spettatore inizia il suo complesso percorso.
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Nota
(1) Potremmo anche dire “entra in campo, esce di campo”, come si dice quando un personaggio entra ed esce dall’inquadratura.
Inquadratura, scena, sequenza
di Diego Cassani – Fabrizia Centola
Pagine: 200
Pubblicazione: 2021
Prezzo: 23,oo euro