Pubblicato il 23 Agosto 2021.
di Ludovico Cantisani
In attesa della presentazione fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia del nuovo Dune a firma di Dennis Villeneuve, grazie a Valmyn e a Wanted arriva finalmente nelle sale italiane il documentario Jodorowosky’s Dune di Frank Pavich, presentato a Cannes nel 2013. Jodorowsky’s Dune è un curioso documentario sulla storia di un film mai realizzato, che nondimeno è rimasto nel cuore e nell’immaginario di numerosi spettatori molto di più di altre pellicole fatte e finite: l’adattamento di Alejandro Jodorowsky dell’epopea fantascientifica Dune, il bestseller di Frank Herbert.
Dune di Herbert era uscito nel 1965, imponendosi sin dal primo momento come un cult assoluto tra i lettori della fantascienza, vincitore dei due principali riconoscimenti del genere, il premio Nebula e il premio Hugo. Primo di una saga di sei capitoli (il “ciclo di Dune”) ulteriormente espansa dal figlio Brian in altri romanzi, Dune era un romanzo dalle ambizioni omeriche, la storia di una lotta tra dinastie di regnanti intergallatici, la dinastia Atreides e la dinastia Harkonnen, per il controllo del pianeta Arrakis e della sua preziosa Spezia. Solo il primo romanzo del ciclo supera le settecento pagine, raccontando una miriade di personaggi e di sottotrame che rendevano difficile l’idea di adattarlo per il grande schermo: nondimeno, a fronte del grande successo del romanzo, le major hollywoodiane iniziarono a interessarsi ai diritti del libro. Il primo produttore che riuscì ad opzionare i diritti di adattamento da Herbert era stato Arthur P. Jacobs, già nel dietro-le-quinte di altri cult di fantascienza come Il pianeta delle scimmie, ma morì nel 1973 prima che il film potesse entrare in sviluppo. Subentrò così il produttore francese Jean-Paul Gibon, che alla guida di una rete di finanzieri acquisì i diritti dalla società di Jacobs, decidendo di affidare la regia ad Alejandro Jodorowsky.
Alejandro Jodorowsky, nato nel Cile nel 1929 e trasferitosi a Parigi dove a lungo era stato assistente del mimo Marcel Marceau, nei primi anni settanta era salito alla ribalta come regista con due film inquietanti e onirici che avevano saputo rinnovare i codici del Surrealismo, El topo e La montagna sacra. Dato il successo internazionale di queste due opere visionarie e immaginifiche, la scelta di Jodorowsky sembrava scontata per i produttori per un film come Dune, e il regista subito si mise all’opera con passione, scrivendo una sceneggiatura lunghissima tratta dal libro di Herbert, con alcune libertà creative. Data la mole dei personaggi e delle storie contenute in Dune ai margini del nucleo della trama centrale, Jodorowsky arrivò a scrivere una sceneggiatura che secondo la testimonianza di Herbert aveva le stesse dimensioni di un elenco telefonico, per un film che sarebbe dovuto durare, nelle sue intenzioni, “tra le dieci e le quattordici ore”. Jodorowsky coinvolse inoltre il grande artista e fumettista francese Jean Giraud, in arte Moebius, per realizzare un dettagliatissimo storyboard, composto da tremila disegni che illustravano tutte le scene del film; ma a lavorare a bozzetti e conceptual design delle creature e delle ambientazioni del film vennero chiamati parallelamente anche altri artisti come Chris Foss e H.R. Giger, che di lì a pochi anni si sarebbe fatto conoscere per il design di Alien di Ridley Scott. Non contento, Jodorowsky si mise anche ad assembleare uno dei più grandi ed eclettici cast che si potevano immaginare per un film come Dune: aderirono al film attori come Orson Welles, Gloria Swanson, Udo Kier e Amanda Lear, ma Jodorowsky convinse lo stesso Salvador Dalì, non per nulla il padre del Surrealismo pittorico, a dare la sua disponibilità a recitare nel ruolo dell’Imperatore. Il ruolo del protagonista Paul Atreides doveva essere interpretato da Brontis, uno dei figli di Jodorowsky, già tra i protagonisti di El Topo: e il bambino, allora dodicenne, iniziò un allenamento intensivo in diverse arti marziali oltre che nell’uso di spade e coltelli per interpretare la parte. La colonna sonora, tanto per non sfigurare, venne affidata ai Pink Floyd.
Nonostante tutti gli sforzi e la passione che Alejandro Jodorowsky mise nei due anni e mezzo che dedicò alla preparazione del film, e ben due milioni di dollari già spesi tra la sceneggiatura, lo storyboard di Moebius e altri materiali di sviluppo, il Dune di Jodorowsky notoriamente sfumò: non si riusciva, come si dice in gergo a chiudere il budget, e nonostante l’apporto di capitali dalla Francia non si riusciva a trovare un accordo con Hollywood, soprattutto a causa dell’ostinazione del regista, che si rifiutava di ridurre il film a una durata classica sulle due ore. Nondimeno, come evidenzia bene il documentario di Pavich, tutti i materiali del progetto circolarono molto fra i diversi studios di Hollywood, e influenzarono, a volte per dichiarazione degli stessi registi, altre volte più sottotraccia, molti film di fantascienza dei decenni successivi, come Star Wars, Flash Gordon, Il quinto elemento di Luc Besson e lo stesso Alien. Nonostante il grosso successo di El Topo e La montagna sacra, Jodorowsky ci mise un po’ a tornare a girare un nuovo film e, dopo che Tusk era passato un po’ in sordina nel 1980, solo nel 1989 tornò alla ribalta internazionale, con il visionario Santa Sangre girato in una Città del Messico sanguinolenta e barocca.
L’idea di un adattamento cinematografico di Dune non sfumò però assieme al progetto di Jodorowsky e, dopo ulteriori “passaggi di mani” di diritti, la facoltà di adattare il film venne infine acquistata dal grande produttore italiano Dino De Laurentiis. Come Gibon a suo tempo, anche De Laurentiis decise di affidare il progetto a un nuovo, visionario regista americano che si era rapidamente affermato scalando con appena due film l’ideale classifica del cinema indipendente americano: David Lynch, reduce dal successo di Eraserhead e The Elephant Man. Anche David Lynch lavorò in prima persona alla sceneggiatura del film, consultandosi con l’autore Frank Herbert, dedicando al progetto la cifra record di tre anni di preparazione e un anno di riprese negli studios di Città del Messico. Il progetto, già costoso di suo, ebbe dei ritardi e delle lievitazioni del budget, richiese alla fine un investimento di circa 45 milioni di dollari, ma anche in questo caso gli sforzi furono in larga parte traditi: il materiale girato da Lynch da solo bastava a montare un film forse addirittura di quattro o cinque ore di durata; la produzione impose di rispettare una durata classica, di circa due ore e venti, rendendo la trama del film molto fumosa. Nonostante i tagli Dune ebbe discreti incassi, ma non bastarono a concretizzare il sogno sfiorato da De Laurentiis di sviluppare una nuova saga epica fantascientifica sulla scia di Star Wars, e lo stesso David Lynch ha ripudiato il film, proseguendo poi per la sua strada con film come Velluto blu o Cuori selvaggi.
Quella che ad oggi è forse l’unica versione audiovisiva “riuscita” del Dune di Frank Herbert è la serie televisiva Dune il destino dell’universo (Frank Herbert’s Dune), trasmessa nel 2000 dal canale telematico Sci-Fi Channel statunitense, per la regia di John Harrison e fotografata da un maestro assoluto quale Vittorio Storaro. Divisa in tre puntate per una durata totale di quasi cinque ore, è volutamente molto fedele al romanzo di Herbert, ma non manca di citare anche il film di David Lynch; la miniserie raccolse una buona audience, e venne seguita nel 2003 da I figli di Dune.
Reduce dal successo di due film di fantascienza “colta” e autoriale come Arrival e Blade Runner 2049, dopo i due fallimenti di Jodorowsky e Lynch Dennis Villeneuve ha avuto un certo coraggio nell’affrontare questo nuovo adattamento di Dune che, presentato al Festival di Venezia della cui selezione è forse il film più atteso, arriverà nelle nostre sale il 16 settembre. Anche stavolta il cast assemblato dal regista è uno dei cast corali più nutriti di tutta la storia di Hollywood, con attori del calibro Timothée Chalamet, Rebecca Ferguson, Oscar Isaac, Stellan Skarsgård e Zendaya, ma anche una star del cinema europeo come Charlotte Rampling, a dividersi i ruoli dei personaggi del romanzo di Herbert. Dire che l’attesa è tanta è un eufemismo, ma si sa che Dennis Villeneuve raramente ha sbagliato il colpo. Intanto però vale assolutamente la pena ripassare il Jodorowsky’s Dune che non fu mai, ma che grazie al film di Pavich può scorrere, almeno come suggestione, sotto i nostri occhi. La presenza dei disegni di un maestro quale Moebius bastano da soli a rendere impressionante la visione del documentario, ma altrettanto emozionante è la testimonianza dell’anziano Jodorowsky sul suo film mai realizzato.